mercoledì 24 febbraio 2021

- LA GIOCONDA - LEONARDO DA VINCI -

 - La Gioconda, Museo del Louvre - Parigi (Francia) -


 - LA GIOCONDA - LEONARDO DA VINCI -
- FANTASY HOUSE SARA -

Autore: Leonardo Da Vinci

Data: 1503/1506 circa

Tecnica: olio su tavola

Dimensioni: 77x53 cm


La Gioconda, nota anche come Monna Lisa, è un dipinto a olio su tavola di legno di pioppo realizzato da Leonardo da Vinci, (77×53 cm e 13 mm di spessore), databile al 1503-1504 circa e conservato nel Museo del Louvre di Parigi.

Opera iconica ed enigmatica della pittura mondiale, si tratta sicuramente del ritratto più celebre della storia nonché di una delle opere d'arte più note in assoluto. Il sorriso impercettibile del soggetto, col suo alone di mistero, ha ispirato tantissime pagine di critica, letteratura, opere di immaginazione e persino studi psicoanalitici; sfuggente, ironica e sensuale, la Monna Lisa è stata di volta in volta amata e idolatrata, ma anche derisa o aggredita da atti vandalici.

La Gioconda viene ammirata ogni giorno da circa trentamila visitatori, ovvero l'80% dei visitatori del Museo del Louvre in cui è esposta, tanto che nella grande sala in cui si trova, un cordone deve tenere a debita distanza le persone. Nella lunga storia del dipinto non sono infatti mancati i tentativi di vandalismo, nonché un furto rocambolesco, che ne hanno alimentato la popolarità.


Descrizione e stile

Il ritratto mostra una donna seduta a mezza figura, girata a sinistra, ma con il volto pressoché frontale, ruotato verso lo spettatore. Le mani sono dolcemente adagiate in primo piano, mentre sullo sfondo, oltre una sorta di parapetto, si apre un vasto paesaggio fluviale, con il consueto repertorio leonardesco di picchi rocciosi e speroni. Indossa una pesante veste scollata, secondo la moda dell'epoca, con un ricamo lungo il petto e maniche in tessuto diverso; in testa indossa un velo trasparente che tiene fermi i lunghi capelli sciolti, ricadendo poi sulla spalla dove si trova appoggiato anche un leggero drappo a mo' di sciarpa.

Alla perfetta esecuzione pittorica, in cui è impossibile cogliere tracce delle pennellate grazie al morbidissimo sfumato, Leonardo aggiunse un'impeccabile resa atmosferica, che lega indissolubilmente il soggetto in primo piano allo sfondo, e una profondissima introspezione psicologica. Se l'impostazione, col paesaggio sullo sfondo, affonda le radici nella ritrattistica umanistica del Quattrocento (come il Doppio ritratto dei duchi d'Urbino di Piero della Francesca), la straordinaria naturalezza del personaggio, così diversa dalle pose ufficiali e "araldiche" dei predecessori, ne fa una pietra miliare della ritrattistica con cui si apre il Rinascimento maturo.


Lo sfondo

Il quadro di Leonardo fu uno dei primi ritratti a rappresentare il soggetto davanti a un panorama ritenuto, dai più, immaginario. Una caratteristica interessante del panorama è che non è uniforme. La parte di sinistra è evidentemente posta più in basso rispetto a quella destra. Questo fatto ha portato alcuni critici a ritenere che sia stata aggiunta successivamente.

La Gioconda si trova in una specie di loggia panoramica, come dimostrano le basi di due colonne laterali sul parapetto; una copia seicentesca mostrerebbe la composizione originaria in cui è visibile la parte architettonica successivamente mutilata.

Considerando la grande cura di Leonardo per i dettagli, molti esperti ritengono che non si tratti di uno sfondo inventato, ma rappresenti anzi un punto molto preciso della Toscana, cioè là dove l'Arno supera le campagne di Arezzo e riceve le acque della Val di Chiana. C'è un indizio preciso sulla destra della Gioconda oltre la spalla, è un ponte basso, a più arcate, cioè un ponte antico, a schiena d'asino di stile romanico, un ponte identico al ponte a Buriano che scavalca tutt'oggi l'Arno. Leonardo conosceva bene questo ponte, perché aveva studiato a fondo questa zona, come testimonia un disegno datato tra il 1502 e il 1503 che descrive il bacino idrico della Val di Chiana (oggi alla Royal Library di Windsor), in cui si intravede anche il ponte a Buriano. Se si osserva il lato sinistro della Gioconda, si vede un corso d'acqua con meandri che s'infila in una stretta gola, che potrebbe essere la Gola di Pratantico, con i rilievi a sinistra scavati dall'erosione, che potrebbero essere i vicini calanchi.

È un tipo di rilievi, verticali e frastagliati, che si ritrovano in altre opere di Leonardo, come la Madonna dei Fusi, il Cartone di sant'Anna e la Vergine delle Rocce. Con una certa approssimazione, a partire da questi elementi, c'è chi ha ricostruito al computer l'angolo di prospettiva, individuando come punto esatto dell'osservazione di Leonardo il borgo di Quarata, dove all'epoca era eretto un castello, oggi scomparso.

Alcuni ritengono invece che i paesaggi di Leonardo non siano aretini, ma prealpini, dei dintorni di Lecco (sullo sfondo si potrebbe riconoscere il Resegone con il relativo paesaggio), delle paludi pontine o, come è forse più probabile, di luoghi inventati e idealizzati sulla base di ricordi e sensazioni e della composizione di elementi appartenenti ad aree diverse che l'artista aveva potuto osservare nel corso dei suoi viaggi.

Altre ipotesi hanno formulato che il paesaggio vada letto attraverso uno specchio; forse venne ricavato con la camera oscura leonardiana. In questo caso potrebbe assomigliare al Lago di Iseo col profilo della Corna Trentapassi.

Secondo altri i paesaggi sarebbero quelli dell'antico feudo di Bobbio e della Val Trebbia, allora contea imperiale milanese assegnata a Bianca Giovanna Sforza, ritenuta da alcuni identificarsi nella Gioconda leonardesca, con il Ponte Gobbo. Secondo altri ancora si tratterebbe del Montefeltro, nell'antico Ducato di Urbino, col fiume Marecchia, il Sasso Simone e Simoncello e il massiccio del Fumaiolo.


Stato di conservazione

La Gioconda fu dipinta su una tavola di pioppo molto sottile e col tempo il pannello è andato imbarcandosi; si è inoltre aperta una fessura, ben visibile sul retro. Altri danni sono stati causati dagli attacchi vandalici (si veda la sezione Storia). Per questo il dipinto è oggi conservato dietro una teca di vetro infrangibile, in un'atmosfera a temperatura e umidità controllate. Ne consegue che il prestito dell'opera ad altri musei è divenuto un evento alquanto improbabile. Nel 2011, ad esempio, ne è stato negato il prestito agli Uffizi, che volevano esporla nel 2013, in occasione del centenario del ritrovamento dopo il famigerato furto



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