- LE NINFEE - CLAUDE MONET - - FANTASY HOUSE SARA - |
• Autore: Claude Monet
• Data: 1899 in poi
• Tecnica: olio su tela
• Dimensioni: differenti misure. Le Ninfee è una serie composta da 250 dipinti
Le ninfee si trovano sparpagliate in diversi musei, fra i quali la National Gallery (Londra), il Metropolitan Museum (New York) e la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea (Roma)
Nel 1883 Claude Monet si trasferì in una piccola casa colonica presso Giverny, a poca distanza da Parigi. In questo piacevole villaggio il pittore ebbe l'opportunità di coronare il suo sogno acquatico, ed intraprese l'allestimento di un giardino con emerocalle, iris sbircia, iris di Virginia, agapanti, bulbi, alberi di salice e molte altre piante. Particolarmente significativa per Monet fu l'apertura di un piccolo bacino fluviale colmo di ninfee, piante ornamentali che galleggiano sull'acqua rigenerandosi senza sosta, attraversabile con l'ausilio di un piccolo ponte di legno in stile giapponese che ne collega tuttora gli argini e circondato da un vero e proprio tripudio floreale: le Rose, gli iris, i tulipani, le campanule, i gladioli, i glicini e i salici piangenti erano solo alcune delle tante specie vegetali che ancor oggi fanno da cornice allo stagno in cui si trovano ninfee e giochi d'acqua.
In questo piccolo paradiso privato Monet trascorse felicemente il resto della sua vita, dipingendo incessantemente. Il motivo conduttore che accompagnò la maggioranza delle opere realizzate dalla fine degli anni novanta fino al 1926, anno di morte dell'artista, fu proprio quello delle ninfee, piante in grado di generare cangianti effetti di luce e di colore. Anche in questo caso Monet nell'esecuzione di questo monumentale ciclo si lasciò travolgere da un grande tormento creativo: egli, infatti, era costantemente inappagato dall'esito pittorico dei suoi dipinti, sui quali rigurgitava quell'insoddisfazione che, se da una parte aveva oppresso perennemente la sua carriera artistica, dall'altra lo spronava ad inseguire nuove idee e nuovi spunti.
Le Ninfee, tuttavia, sono lodevoli anche perché hanno ormai abbandonato ogni costrizione della forma, ogni limitazione della composizione e dei «doveri» descrittivi della scena. Monet, in questo modo, è riuscito ad andare oltre ogni concezione figurativa a lui contemporanea, imprimendo nelle proprie tele una forza che trascende l'Impressionismo stesso verso approdi di visionarietà astrattista. Se negli anni passati i paesaggi monetiani si strutturavano su impaginazioni di ampio respiro, per le Ninfee Monet mostra di prediligere campi medi e primi piani, privi della linea di orizzonte o di un qualsivoglia riferimento spaziale. Sono le ninfee a ricoprire interamente lo spazio pittorico: il cielo scompare, o meglio appare fugacemente, intravisto, nei riflessi equorei emanati dall'acqua dello stagno. Lo sguardo, in questo modo, si inabissa in uno spazio che, in quanto privo di punti di riferimento sicuri, appare infinito, «abissale», senza né inizio né fine, e al contempo astratto, in quanto «svincolato da un rapporto riconoscibile con la realtà oggettiva». Lo sforzo cerebrale che l'osservatore deve spesso compiere per discernere le piante dai vari riflessi fissati sull'acqua è assolutamente notevole: è per questo motivo che le varie Ninfee si pongono a contatto tra la realtà fenomenica e quella metafisica, o - per ricondurre la questione in termini artistici - tra l'impressionismo e la pittura astratta.
Questo mutamento stilistico è osservabile anche su un piano più strettamente cromatico. Il colore, rispetto al passato, è depositato sulla tela per mezzo di pennellate lunghe, filamentose, quasi sinuose. Queste opere che presentano impressioni allo stato puro, depurate come sono da intenti narrativi, consentono al pittore di scegliere intonazioni cromatiche precise a seconda del suo preciso modo di sentire: abbiamo infatti ninfee rosa, blu, ma anche versioni dove la tavolozza vira su tonalità esangui (come i verdolini o gialli tenui) o, magari, su colori profondi e cupi. Di particolare interesse, poi, è il colore delle corolle delle ninfee, le quali - in quanto bianche - mutano la propria vibrazione cromatica in ragione dell'intensità luminosa della luce e dell'invisibile cielo, secondo un concerto timbrico che non è nient'altro che la reinterpretazione del concetto delle «ombre colorate», già applicato negli esordi. È così che l'acqua stagnante sulla quale si verifica la fluttuazione instabile delle ninfee - talora turbata dal sopraggiungere di improvvise folate di vento o dalla caduta di un ramoscello d'erba (difficili da captare per un occhio inesperto) - eroga molteplici percezioni di colori, secondo una mappa cromatica di sfumature azzurrine, rosa, verdi riproposta dal pittore nei quadri appartenenti alla serie de Lo stagno delle ninfee, concepita come un'armonia di colori dove a prevalere sono tonalità talora rilassanti, talora squillanti.
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